Politiche monetarie alla prova dei mercati: un ottimismo prematuro?

Diego Franzin, Head of Portfolio Strategies di Plenisfer Investments SGR

 

Ieri la Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato un nuovo aumento di 50 punti base dei tassi di interesse, saliti al 3%. La Presidente Lagarde ha dichiarato che gli aumenti proseguiranno in modo significativo e costante” anticipando che, a marzo, ci sarà un nuovo aumento da 50 punti base.

La BCE ha ribadito che l’obiettivo degli interventi è ridurre l’inflazione che, pur essendo scesa all’8,5% a gennaio rispetto al 9,2% di dicembre, appare ancora troppo elevata e potrebbe essere ulteriormente alimentata dalle nuove politiche fiscali che i governi europei attueranno per combattere il caro energia.

La decisione della BCE segue quella della Banca Centrale Statunitense che, mercoledì, ha, a sua volta, annunciato un aumento dei tassi di 25 punti base, portando il costo del denaro al 4,5%, ai massimi dal settembre 2007. 

Entrambe le banche centrali hanno sottolineato che proseguiranno nella lotta all’inflazione con l’obiettivo di riportarla al 2% e che è improbabile che i tassi possano iniziare a scendere nell’anno in corso. 

Nonostante tali annunci, i mercati hanno reagito positivamente, in controtendenza rispetto al passato. Cosa è cambiato?

I Presidenti delle banche centrali hanno ribadito che le decisioni di politica monetaria saranno “guidate dai dati” relativi ad economia e inflazione: rispetto allo scorso dicembre, l’inflazione appare essere più sotto controllo, mentre l’economia mostra i primi segni di lieve rallentamento. Il mercato ha, quindi, interpretato le dichiarazioni dei banchieri centrali come un cambio di retorica e ha reagito guardando con ottimismo di breve periodo ritenendo che, se il 2023 continuerà ad essere caratterizzato da questi trend, la stretta monetaria potrà rallentare o potrà essere raggiunto il pivot già nella seconda parte dell’anno.

A nostro avviso, questa inversione difficilmente potrà manifestarsi nel 2023. 

L’inflazione si muove a ondate e oggi riteniamo permangano tutti i fattori inflazionistici secolari: aumento dei conflitti geopolitici, demografia, bassa produttività, scarsità strutturale di materie prime ed energia, etc. In questo contesto, la riapertura della Cina rappresenta un elemento sicuramente inflattivo aggiuntivo. Ma soprattutto, i tassi di interesse reali, se misurati con l’inflazione effettiva, sono ancora negativi.

In Plenisfer crediamo che sia prematuro pensare di poter abbassare la guardia nella lotta all’inflazione: per batterla servirebbe arrivare a tassi reali positivi, obiettivo che richiederebbe una dose di stretta monetaria ben maggiore e somministrata più a lungo di quanto fatto finora. 

 

 

 

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