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Lettera Terzo Trimestre 2025

Comunicazioni di marketing per investitori professionali in Italia.
Prima di prendere qualsiasi decisione di investimento, si prega di leggere il Prospetto Informativo e i relativi KID.

 

Giordano Lombardo, Founder, CEO and Co-CIO Plenisfer Investments SGR
10 ottobre 2025

 

  1. Performance YTD e terzo trimestre
  2. Intelligenza artificiale: è tutto oro quello che luccica?
  3. Perché l’uranio è la nostra prima posizione in portafoglio (insieme all’oro)
  4. E l’oro? Che fare dopo la corsa del 2025? 
  5. Europa, l’incompiuta
  6. Cina: all’inizio di un bull market strutturale
  7. Conclusione

 

1. Performance YTD e terzo trimestre

Tutti i fondi hanno registrato una performance positiva[1] - in particolare i comparti multi-asset ed azionario - sia nel terzo trimestre che da inizio anno.

Destination Value Total Return ha registrato una performance del +25% da inizio anno per la classe in dollari, +17% per quella Eur hedged e +9,9% per la classe in euro. Nel terzo trimestre le performance sono state del +7,2% per la classe dollari, +7,1% per quella Eur hedged e +7% per la classe in euro.

Destination Capital Total Return ha registrato una performance al 30.09 del +38,9% per la classe in dollari e +30,9% per la classe Eur hedged. Nel terzo trimestre le performance sono state del +15,4% per la classe in dollari e +15% per quella Eur hedged. 

Destination Dynamic Income Total Return ha concluso il periodo con una performance da inizio anno del +3,6% (in euro) e del +1,5% per il terzo trimestre.

I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri

 

2. Intelligenza artificiale: è tutto oro quello che luccica?

I primi nove mesi del 2025 ci consegnano mercati azionari globali in grande salute, un prezzo dell’oro ai massimi di sempre, e buone performance per i mercati obbligazionari sia high yield che investment grade. Anche il dollaro sembra aver arrestato il suo trend di discesa da inizio anno.

Tutto bene allora? 

Le nostre preoccupazioni circa l’accumulo di un debito globale insostenibile, degli effetti della guerra commerciale scatenata da Trump e delle crescenti tensioni geopolitiche erano dunque infondate? Certo che no: lo dimostra il calo del dollaro per tutto il corso del 2025.

La narrativa sulla rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale, che tutto travolgerà nei prossimi anni (economia globali, business model di impresa, forse anche la tenuta democratica degli Stati) sembra prendere forza di giorno in giorno, gonfiando le valutazioni di borsa, non solo dei cosiddetti “Magnifici 7”, ma di un numero sempre maggiori di società, anche non americane. Ha allontanato i timori di una recessione globale, e fors’anche lo spettro dell’inflazione, dato che promette miracoli anche sul piano della produttività e quindi dei suoi effetti deflattivi.

L’argomento della prosperità generale creata dall’AI influenza anche i bond corporate, i cui spread sono ai minimi, e i mercati emergenti, sia equity che bond, che continuano a correre. Nel frattempo, corre anche l’oro, perché ci si fida sempre meno delle banche centrali che perdono ogni giorno un pezzo di indipendenza e, in fondo, i debiti non sono esattamente spariti. Insomma, l’unica asset class che non incontra il favore degli investitori oggi sembrano essere i titoli obbligazionari governativi dei paesi occidentali. E non solo i Treasuries: nubi fosche si addensano sulla Francia e sul Regno Unito.

La forza della narrativa dell’Intelligenza Artificiale è impressionante. Gli osservatori e i commentatori “bearish” si contano sulle dita di una mano e vengono costantemente contraddetti da una nuova notizia di mercato. Non passa un giorno senza un nuovo annuncio di accordi strategici tra aziende del mondo tech, mentre in qualsiasi settore i CEO delle società si sentono in dovere di nominare l’AI nelle company calls con gli analisti. 

Poiché siamo investitori per natura “contrarian”, e potremmo aggiungere anche un po’ “vecchia scuola”, non possiamo fare a meno di chiederci: è tutto oro quello che luccica?

L’ammontare degli investimenti effettuati/annunciati è mostruoso: solo per il 2025 si stima un piano di investimenti per le imprese americane che va da 400 a 500 miliardi di dollari per la costruzione di datacenter a supporto dello sviluppo dell’IA.

Questi enormi investimenti generano a loro volta una fame di energia altrettanto gigantesca. Citigroup stima che la domanda di calcolo dell'intelligenza artificiale richiederà ulteriori 50 GW di capacità energetica globale entro il 2030 (un po' meno dell’intera capacità installata odierna del Regno Unito), portando a 2,8 trilioni di dollari di spesa globale incrementale.

Cosa ci preoccupa? Avendo qualche decennio di esperienza sulle spalle, abbiamo già visto nella storia economica dei cicli di investimento di portata epocale, cicli che non pensavamo si potessero ripetere. Una delle nostre stelle polari è la teoria del ciclo del capitale, per cui un eccesso di investimenti in un determinato campo, per quanto vasta sia la sua importanza, porta prima o poi a mal-investimenti e al crollo delle illusioni in termini di ritorni attesi. 

Intendiamoci: non è che non vediamo il potenziale incredibile dell’AI. Il modo in cui sta trasformando il nostro flusso di lavoro giornaliero è sbalorditivo. L’AI è il futuro, ne siamo convinti. E abbiamo visto ancora solo una minima parte delle sue potenzialità. 

Quello che ci preoccupa è la conseguenza di questa immane ondata di investimenti per gli investitori. In fin dei conti i cicli di ammortamento dei datacenter e dei chip necessari alla loro costruzione sono molto brevi: diciamo dai 3 ai 5 anni. L’ammontare di ricavi attesi sufficienti a coprire, dopo aver spesato gli altri costi, questi ammortamenti è enorme: ipotizziamo circa 10 volte tanto i ricavi attuali generati dall’IA. 

Naturalmente è sempre possibile che i ricavi crescano in misura tale da giustificare la corsa folle delle spese in conto capitale. Come? Sostituendo la forza-lavoro umana “white collar” non solo nelle attività più ripetitive e standardizzabili, ma anche in quelle più sofisticate e specializzate: insegnanti AI, medici AI, avvocati AI, probabilmente anche portfolio manager AI! Crediamo che molto probabilmente questo sia destinato a succedere, ma in un futuro molto più lontano. Senza contare le implicazioni sociali della cosa.   

Non possiamo certo escludere che nei prossimi mesi o trimestri la corsa degli investimenti in AI continui. Anzi, è molto probabile. Ma non possiamo fare a meno di domandarci: se la maggior parte dei cash flow delle aziende che vi sono impegnate, per quanto giganteschi, sarà sempre più eroso da questi investimenti, che ne sarà delle loro valutazioni di Borsa

Quali sono le conseguenze di questo ragionamento sul nostro portafoglio? Continuiamo a pensare che un posizionamento “obliquo” e non diretto al tema sia la scelta migliore. Vuoi perché abbiamo puntato sui cosiddetti “facilitatori” (come i tester per i semiconduttori: Advantest), vuoi perché abbiamo preferito realtà più specifiche e da “special situation” rispetto ai nomi più noti: lo scorso trimestre abbiamo costruito una nuova posizione sul produttore neo-cloud Nebius, una società rinata dalle ceneri di Yandex (Russia) e dotata di competenze tecnologiche eccezionali. Infine, riteniamo che i titoli tecnologici cinesi pur essendo coinvolti nella corsa all’AI quanto quelli occidentali, non riflettano le valutazioni piene degli equivalenti statunitensi (vedi Tencent).

 

3. Perché l’uranio è la nostra prima posizione in portafoglio (insieme all’oro)

L’altra faccia dello sviluppo prepotente dell’IA, dicevamo sopra, è la crescente domanda famelica di energia che questa comporta. In campo energetico la nostra convinzione è nota: mentre le rinnovabili tradizionali (vento e sole) non hanno né la forza né l’efficienza energetica di sostituire le fonti di energia di natura fossile, pensiamo che la soluzione di lungo periodo al problema della produzione energetica, ulteriormente spinta dall’AI, sia il nucleare: energia “pulita” e con un’efficienza energetica ben superiore alle stesse fonti fossili.

Di qui la nostra posizione sull’uranio, iniziata quando ancora pochi ne parlavano, tre anni fa, e mantenuta in portafoglio per tutto questo tempo. Dopo aver tatticamente ridotto l’esposizione nel 2024, prima di una fisiologica flessione del mercato, siamo tornati ad investire. 

Nell’era della transizione energetica, il nucleare è la risposta inevitabile alla domanda di elettricità, riconosciuta anche dalle Big Tech: Microsoft, Google, Amazon hanno già realizzato o annunciato investimenti in centrali esistenti o nelle nuove Small Modular Reactor per oltre 3 miliardi di dollari[2]. La domanda di uranio è destinata ad aumentare così come il deficit dell’offerta, già strutturale. 

Naturalmente valutiamo anche la potenziale correlazione della narrativa sull’AI con quella sul nucleare. Sono certamente legate. Ma pensiamo che il caso di investimento sull’uranio possa essere sostenuto anche in caso di ridimensionamento delle aspettative dei ritorni sull’AI (ribadiamo il nostro scetticismo non riguarda la “portata” della rivoluzione dell’AI, ma il fatto che possa generare i ritorni che promette in tempi ragionevoli, diciamo tre o cinque anni). Basti pensare alla decisa azione dell’amministrazione Trump in termini di deregolamentazione della costruzione di nuove centrali. O alla continua costruzione di centrali nucleari in Cina, già avviata da tempo. E ancora non abbiamo visto la commercializzazione vera e propria dei reattori SMR (small modular reactors) di nuova generazione. 

 

4. E l’oro? Che fare dopo la corsa del 2025? 

Continuerà ad essere una posizione strutturale del nostro portafoglio. E significativa, in termini dimensionali. Il motivo è presto detto: aumento dei dubbi sulla sostenibilità dei debiti pubblici sovrani, a partire da quello americano. Sostituzione del dollaro con l’oro nelle riserve delle banche centrali dei paesi emergenti. Domanda del settore privato in crescita, ma a partire da un’allocazione iniziale molto bassa. 

L'oro rimane in una fase di accumulo aggressivaFino a quando non raggiungerà almeno la sua media a lungo termine in termini di rapporto rispetto al valore del mercato azionario (oggi il rapporto tra indice Dow Jones e oro è 11 volte, rispetto ad una media storica di 8[3]) c'è ancora un significativo potenziale di rialzo. Ovviamente questo rapporto può tornare verso la propria media di lungo periodo in due modi: con un ulteriore corsa dell’oro, con un calo del mercato azionario, o con una combinazione delle due cose. 

 

5. Europa, l’incompiuta.

Ad inizio anno avevamo scommesso su una virata decisa dell’Europa verso politiche pro-crescita, investimenti in infrastrutture e difesa. Ma finora le promesse sono rimaste tali

Mentre la Russia preme sui confini del Vecchio Continente e la Cina conquista nuove leadership, gli investimenti, con poche eccezioni, restano ancora sulla carta.

I sistemi di welfare europei rimangono generosi e insostenibili di fronte a trend demografici sfavorevoli, mentre Paesi come la Francia mostrano un peggioramento dei conti pubblici e forte instabilità politica. E per contenere debiti pubblici in continuo aumento, la via politicamente praticabile non è quella di tagli drastici al welfare, ma quella della monetizzazione strisciante, ovvero lasciare che i tassi reali diventino negativi. È uno scenario che porterebbe molti detentori istituzionali di titoli sovrani a subire gli effetti della “repressione finanziaria”. Arriveranno anche i controlli di capitali? 

Una cosa è certa: senza piani di investimento orientati alla crescita e riforme strutturali volti a liberalizzare il mercato unico – come suggerito dal “Piano Draghi” – la stagnazione rischia di peggiorare e tradursi in ulteriore spinta ai populismi. 

In questo scenario, l’Europa non solo sarà sempre più una “promessa mancata”, ma il debito pubblico si candida ad essere la prossima asset class “non investibile. Ecco perché abbiamo scelto di non esporci a titoli di Stato europei.

Quanto ai listini azionari del vecchio continente, dopo un primo trimestre sostenuto dai flussi in uscita dagli USA, sono tornati a riflettere la stagnazione e l’assenza di utili. Fa eccezione il settore bancario su cui ci siamo esposti sia nell’equity che nel credito, guardando anche a realtà ancora sottovalutate, come le banche greche, su cui abbiamo recentemente preso beneficio, pur restando positivi sul settore. 

Continuiamo nella nostra ricerca di small e mid cap con prospettive interessanti e slegate dai “fondamentali” macroeconomici del continente. La posizione più recente che abbiamo costruito è Avio, nel settore dei lanci satellitari, con interessanti opportunità di crescita nel settore difesa, anche quello statunitense.

 

6. Cina: all’inizio di un bull market strutturale

Il listino cinese è, ad oggi, il migliore mercato equity del 2025[4] in termini di performance. 

Abbiamo più volte ribadito la nostra posizione contrarian rispetto a chi considerava -e in molti casi considera ancora - la Cina “non investibile”. E abbiamo continuato a investire nel Paese con un’attenta attività di stock picking.

Valutazioni particolarmente compresse nell’equity sono certamente alla base del rally: l’equity ha significativamente ridotto i propri multipli nell’ultimo decennio, soprattutto nel settore tech, anche a causa di una decisa stretta politica sul settore da parte del governo. 

Ma è oltre questi numeri che si trovano le ragioni più solide a supporto di una tesi costruttiva sulla Cina. 

Come abbiamo già scritto, il vantaggio competitivo in diversi settori non è solo acquisito, ma anche in molti casi consolidato, frutto di una rivoluzione industriale silenziosa, avvenuta lontano dai radar degli investitori internazionali. Questo vantaggio competitivo è retto da un costo del capitale tra i più bassi al mondo e da un prezzo dell’energia pari alla metà di quello statunitense: pianificazioni lungimiranti hanno portato a un decennio di investimenti nella rete elettrica e nella produzione di energia, dal carbone al solare, fino al nucleare. E politiche commerciali aggressive consentono l’importazione di energia e altre materie prime a buon mercato dalla Russia.

Sono dunque diverse e solide le ragioni che ci spingono a ritenere che quello a cui stiamo assistendo non sia un fuoco di paglia, ma l’inizio di un bull market strutturale.

 

7. Conclusione

Il 2025 ci sta mostrando un mondo diviso tra (alcune) vecchie certezze e nuove traiettorie. Gli Stati Uniti restano “eccezionali”, ma con fondamentali sempre più fragili. L’Europa rischia di perdere rilevanza e, soprattutto, un’occasione storica, schiacciata dai suoi squilibri fiscali e divisioni politiche. La Cina si candida a sorpresa come nuovo epicentro di un bull market pluriennale.

Il nostro portafoglio riflette queste nostre convinzioni e i trend delineati. 

In questo contesto in evoluzione, il nostro approccio resta invariato: investire per strategie, non per asset class, attraverso una gestione veramente attiva, globale e libera dai benchmark. Con lo stesso obiettivo di sempre: costruire un portafoglio alternativo rispetto a quelli mainstream, puntando a generare rendimento reale con volatilità limitata. 


 

[1] Fonte: Plenisfer Investments SGR. Dati al 30/09/2025

[2] Fonte: comunicazioni ufficiali delle società (Microsoft, Google, Amazon)

[3] Fonte: Bloomberg

[4] Fonte: Bloomberg

 

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Destination Value Total Return (“DVTR”) -Obiettivo e politica d'investimento: L'obiettivo di questo Fondo è ottenere un maggiore rendimento totale ponderato per il rischio nel ciclo di mercato. Per raggiungere gli obiettivi del Fondo, è essenziale realizzare la rivalutazione del capitale a lungo termine e il reddito sottostante attraverso un orientamento di lungo termine sulla valutazione e sui cicli di mercato. Benchmark: SOFR Index. Il Fondo è gestito attivamente e utilizza il Benchmark per calcolare la commissione legata al rendimento. Il Comparto non utilizza il benchmark per finalità di investimento.

Destination Dynamic Income Total Return (“DDITR”) – Obiettivo e politica d’Investimento: Il Comparto mira a ottenere un interessante rendimento totale corretto per il rischio attraverso l’apprezzamento del capitale e la generazione di reddito sul medio termine. Il Comparto è gestito attivamente e non effettua investimenti in relazione ad alcun benchmark; questo significa che le singole posizioni sono selezionate attivamente sulla base di ricerche e valutazioni specifiche. Sebbene sia gestito attivamente e non utilizzi un benchmark per l’allocazione del portafoglio, il Comparto fa riferimento al €STR Index ai fini del calcolo della commissione di performance.

Destination Capital Total Return (“DCTR”) – Obiettivo e politica d’Investimento: Il Comparto mira a ottenere un interessante rendimento totale in termini di rischio attraverso l'apprezzamento a lungo termine del capitale con una certa generazione di reddito, concentrandosi sulla valutazione a lungo termine e sui cicli di mercato. Il Comparto è gestito attivamente e non effettua investimenti in relazione ad alcun benchmark; questo significa che le singole posizioni sono selezionate attivamente sulla base di ricerche e valutazioni specifiche. Sebbene sia gestito attivamente e non utilizzi un benchmark per l’allocazione del portafoglio, il Comparto fa riferimento al MSCI ACWI Total Return USD Index ai fini del calcolo della commissione di performance.

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La commissione di performance e di gestione sono calcolate e, ove applicabile, maturate separatamente per ogni classe di azioni all'interno di un comparto in ciascun giorno di valutazione.

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I costi possono aumentare o diminuire a seconda delle fluttuazioni valutarie e dei tassi di cambio.

Questo non è un elenco esaustivo dei costi. Si applicano altri costi e variano a seconda della classe di azioni. Prima di prendere qualsiasi decisione di investimento, si prega di leggere il Prospetto e il Documento contenente le informazioni chiave (KID), in particolare le sezioni relative ai rischi e ai costi. I documenti sono disponibili alle seguenti pagine web: 

 - https://www.plenisfer.com/it/en/professional/fund-page/plenisfer-investments-sicav-destination-value-total-return-iyh-eur-or-lu2087694647-acc-LU2087694647

https://www.plenisfer.com/it/en/professional/fund-page/plenisfer-investments-sicav-destination-dynamic-income-total-return-ix-or-lu2597958938-distr-LU2597958938

- https://www.plenisfer.com/it/en/professional/fund-page/plenisfer-investments-sicav-destination-capital-total-return-ix-usd-accumulation-or-lu2717270206-distr-LU2717270206

 Periodo di detenzione raccomandato: 5 anni (DVTR), 4 anni (DDITR), 5 anni (DCTR)

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