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Destination Value viene gestito con un target interno di rendimento atteso dell’8% annualizzato in dollari, e con una volatilità massima pari al 75% della volatilità dei mercati azionari globali, in un ciclo di almeno 5 anni. Il fondo viene “pensato” in dollari data la natura globale dell’universo investibile, anche se siamo consapevoli che la maggior parte degli investitori europei investe e investirà principalmente nella classe in cui il rischio di cambio euro/dollaro viene coperto (classe euro-hedged) oppure nella classe in euro (in cui il rischio di cambio tra l’euro e il dollaro rimane aperto).
Il target interno va inteso come obiettivo di lungo periodo e non come target annuale. Ci raffiguriamo una linea retta che si estende nel tempo, con un’inclinazione che riflette la crescita annualizzata, rispetto alla quale l’andamento effettivo del fondo potrà trovarsi a volte al di sotto, a volte (speriamo molto più spesso) al di sopra. Quanto all’orizzonte temporale, pensiamo che non ci sia una regola precisa per determinarne la significatività, ma che dovrà essere abbastanza lungo per abbracciare diverse fasi di mercato (mercati “toro” e mercati “orso”) e in ogni caso non potrà essere inferiore a 5 anni.
Molti investitori ci hanno chiesto perché l’8%.
Si tratta del rendimento interno atteso nominale di lunghissimo periodo (+100 anni) del mercato azionario USA (preso come proxy delle azioni globali). Quindi ci proponiamo di consegnare un risultato[1] in linea con quello storico dei mercati azionari, ma con meno volatilità. Siamo consci del fatto che presumibilmente il rendimento del mercato azionario nei prossimi 10 anni sarà molto inferiore a quello storico, dato l’elevato livello di partenza.
Infatti, il cosiddetto CAPE (rapporto prezzi/utili aggiustato per il ciclo) di Shiller è attualmente pari a 35, livello che è statisticamente correlato con un’attesa di rendimento reale per i successivi 10 anni di poco superiore a zero. Anche ammettendo che il livello molto basso dei tassi di interesse giustifichi valori azionari superiori alle medie storiche, e aggiungendo alle attese di rendimento reale un’inflazione prevista intorno al 2-2,5%, è difficile aspettarsi per le azioni un rendimento nominale annualizzato a 10 anni molto superiore al 4-5%. Quindi l’asticella che ci siamo posti è ancora più impegnativa!
Il fondo è gestito con un obiettivo interno target e non rispetto a un benchmark, in linea con la filosofia che abbiamo delineato nella nostra prima CEO letter (“Tornare a investire come pratica professionale”). Infatti pensiamo che la gestione “contro benchmark” non corrisponda alle esigenze reali dei risparmiatori e degli “asset owner”. In un mondo in cui i rischi di inflazione si fanno sempre più concreti (si veda la successiva lettera, “Investire nell’era della repressione finaziaria”) e la maggior parte dei sistemi pensionistici dei paesi occidentali farà sempre più fatica a proteggere i risparmi in termini reali, occorre un nuovo modo di gestire.
Il nostro approccio è focalizzarci sulle migliori opportunità disponibili per generare ritorni sostenibili, a differenza della tradizionale gestione contro benchmark che tende a minimizzare lo scostamento statistico dagli indici (“tracking error”).
Come è andato dunque Destination Value nel suo primo anno di vita? Dobbiamo guardare al rendimento totale netto e al rischio assunto per conseguirlo.
Destination Value Total Return (Euro-YH, classe I) +18,1%, volatilità 5,9%
Rispetto all’obiettivo di lungo periodo il fondo ha consegnato una performance nettamente superiore, nella classe con la copertura del cambio rispetto all’Euro.
Parimenti importante: la volatilità realizzata di periodo è stata nettamente inferiore a quella dei mercati azionari, circa un terzo della stessa, cioè molto meno del limite massimo assegnato al fondo. Per confronto, la stessa volatilità sarebbe stata conseguita da un ipotetico portafoglio bilanciato investito per 1/3 in azioni e per 2/3 in obbligazioni (prendendo come proxy degli ETF rappresentativi delle due asset class a livello globale). Questo ipotetico portafoglio avrebbe reso il 13,5%.
Possiamo dire che il rendimento interno del fondo è stato conseguito “consumando” una porzione molto ridotta del budget di rischio. Un altro modo per vedere la stessa cosa è lo Sharpe Ratio, che si è collocato per il periodo a 3.1, un livello molto elevato.
D’altra parte, dalla partenza del fondo, l’andamento dei mercati finanziari è stato sostanzialmente favorevole, per cui il vero test della nostra capacità di gestione del rischio al ribasso potrà avvenire in uno scenario di stress di mercato. Uno scenario che potrebbe essere dettato da due ipotesi di rischio opposte: una fiammata inflazionistica tale che porti le banche centrali a rialzare i tassi di interesse in maniera repentina e inaspettata. O una ricaduta dell’economia globale in una spirale deflazionistica a seguito dell’esaurirsi degli effetti di stimolo monetario e fiscale post-pandemia. Entrambi ci sembrano al momento rischi “di coda”, per cui proseguiamo con un approccio prudente, ma aperto all’assunzione di rischi ragionati.
La performance del fondo è stata conseguita grazie al contributo positivo di tutte e cinque le nostre strategie di allocazione. In particolare, i Compounders hanno contribuito per circa il 50% del rendimento lordo totale, le strategie Income, Macro e Special Situations per poco più del 20% ciascuna e la strategia Alternative Risk Premia per circa il 2%, anche se è risultata quella meno correlata con le altre (facendo quindi il suo mestiere). Le strategie di copertura sono “costate” circa il 15% del rendimento lordo. Cioè in linea con la percentuale di rendimento atteso allocata ex ante alle coperture.
Molto rilevante è il fatto che le 5 strategie hanno mostrato una correlazione molto bassa tra di loro, in un periodo in cui le correlazioni tra le asset class tradizionali (azioni, obbligazioni, etc) è apparsa in crescita. Confermando quindi la bontà del nostro approccio alla diversificazione: per strategie e non per asset class. Per esempio, la strategia Alternative Risk Premia ha registrato una correlazione ex post del 32% con i Compounders, del 19% con la strategia Macro e del -2% sia con le Special Situations che con la strategia Income. L’effetto diversificazione ha eliminato circa due terzi della volatilità lorda (ossia della somma delle volatilità delle strategie prese “da sole”).
Ogni volta che i mercati azionari raggiungono nuovi record, ci sono sempre osservatori che puntano l’attenzione sul pericolo di valutazioni troppo elevate. La differenza oggi è che gli stessi osservatori segnalano anche i motivi per cui le valutazioni sarebbero questa volta giustificabili. Abbiamo già citato il CAPE di Shiller. Robert Shiller stesso però ha recentemente affermato che, dato il livello attuale dei tassi di interesse, questa volta un CAPE elevato potrebbe non rappresentare un problema.
Un altro indicatore è il Q Ratio di Tobin che mette in relazione il valore di mercato con il costo di sostituzione del capitale installato. C’è chi dice che l’attuale livello (alto) è giustificato dai cambiamenti tecnologici in atto.
Infine, c’è il famoso indicatore di Warren Buffett, il rapporto tra la capitalizzazione di mercato con il GDP di un paese (non tenendo conto del fatto che una parte dei profitti delle imprese è generata dalle attività estere). Secondo alcuni, questo indicatore ha perso importanza e andrebbe sostituito con il rapporto tra capitalizzazione di mercato e moneta (M2) per riflettere l’influsso sui mercati della creazione di liquidità da parte della banca centrale. Da questo punto di vista le valutazioni delle azioni sarebbero in media con il passato.
Che conclusione trarne? Dal nostro punto di vista è più utile tenerci preparati, rispetto a diversi scenari, anziché puntare sulla capacità di previsione degli strumenti di valutazione. Al momento, il consenso si posiziona su uno scenario di crescita elevata con inflazione contenuta, favorita dalle politiche fiscali e monetarie espansive e dai progressi dei piani vaccinali in USA e in Europa. Uno scenario dunque positivo per i “risk asset”.
Quali sono gli scenari di rischio? Tra i due scenari sopra citati (inflazionistico/deflazionistico), siamo più propensi a preoccuparci di una possibile sorpresa dell’inflazione, e quindi dei tassi di interesse in rialzo. Se si aggiunge che la relazione tra USA e Cina è probabilmente soggetta a tensioni crescenti, ci sono tutti gli elementi per non rimanere “compiacenti” e per gestire attivamente le scelte all’interno del portafoglio e il livello totale del rischio.
Concludiamo con un paio di commenti sul secondo anno di vita di Plenisfer Investments (fondata nel maggio 2019). Abbiamo vissuto l’avventura di far partire la gestione di un nuovo fondo durante una pandemia, con il 100% del team al lavoro da casa in modalità virtuale. Tutto ha funzionato per il meglio e lavoriamo tutt’ora con la maggior parte delle nostre persone in remoto. Ma questo non ha impedito un’interazione fruttuosa e benefica tra tutti i membri del team. Non abbiamo perso di vista, infatti, il vantaggio di essere una boutique, ossia la possibilità di avere sempre “tutto il team intorno al tavolo”, anche se in modalità virtuale.
Spendiamo la maggior parte del nostro tempo studiando le economie, i settori e le società. Cerchiamo di capire cosa genera il successo di un business o di un paese. E’ un successo ripetibile? E’ riflesso nei prezzi di mercato? A volte abbiamo le risposte, a volte no. Continuiamo a studiare e a discutere finchè non abbiamo una tesi di investimento che riteniamo ragionevole e a quel punto entriamo in azione. La cosa importante è mantenere l’onestà intellettuale, ossia riconoscere cosa sappiamo e cosa non sappiamo.
Per costruire un portafoglio di successo non abbiamo bisogno di “coprire” tutto l’universo investibile. Ma solo di avere delle antenne attente a cogliere le opportunità là dove si presentano. E poi analizzarle a fondo, ponendoci sempre il quesito di cosa può andare storto.
Nella prima “CEO letter” abbiamo parlato del nostro obiettivo di costruire una società che riporti l’attività di investimento alle sue origini: formulare e cercare di raggiungere obiettivi concreti per i nostri investitori. Il nostro obiettivo è costruire una franchise di investimento che duri nel tempo. Sappiamo che la costruzione di un “track record” di successo è una maratona, non uno sprint. Il primo prodotto gestito è partito con il piede giusto, e nuovi prodotti sono sulla rampa di lancio. Ma siamo al primo chilometro, e la corsa è ancora lunga.
Per avere successo dobbiamo creare valore.
Valore, prima di tutto, per i nostri investitori, in termini di rendimenti netti di lungo periodo. Il nostro primo fondo in gestione si chiama Destination Value proprio per questo motivo, non per l’aderenza ad una particolare filosofia di investimento “value” (anche se la nostra natura di investitori fondamentali è radicata nelle valutazioni).
Valore per i nostri clienti, ma anche per i colleghi, attuali e futuri che vorranno unirsi a questa avventura. In termini di crescita professionale, conoscenza e apprendimento. Se riusciremo a creare valore in questo senso, i profitti saranno una logica conseguenza del valore creato.
Un business che non crea valore per quelli che tocca è destinato nel tempo a sparire, per quanto grande e di successo appaia in ogni momento della sua storia.
Dal canto nostro, speriamo che la storia di Plenisfer, che è appena iniziata, possa essere lunga. La creazione di valore per i clienti/sottoscrittori e per i colleghi sarà la nostra metrica per misurare il successo d’impresa.
Giordano Lombardo
CEO e Co-CIO Plenisfer Investments SGR
1 Destination Value Total Return (Euro-H classe I) è riservata ad investitori istituzionali in Italia.
2 Non può esservi alcuna garanzia che un obiettivo di investimento sarà raggiunto.
3 Fonte: Plenisfer. Il comparto è operativo dal 4 maggio 2020. La performance è calcolata sulla base del Valore patrimoniale netto (NAV) della share class a cambio coperto in valuta euro (LU2087694647), incluso il reinvestimento dei dividenti lordi, ove applicabile, al netto delle commissioni e al lordo degli oneri fiscali. La performance fa riferimento al periodo compreso tra il 04/05/2020 ed il 30/4/2021. I rendimenti non tengono conto del regime di tassazione applicabile agli investitori. Non può esservi alcuna garanzia che un obiettivo di investimento sarà raggiunto o che si otterrà un ritorno sul capitale.
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